mercoledì 23 maggio 2018

Gerusalemme Liberata - Due Illustrazioni (e un Fantasy Mediterraneo?)

Gerusalemme Liberata (III, 21), 1983

Gerusalemme Liberata (III, 12), 1983


Oltre il Fantasy Moderno
di Francesco La Manno (da L'Intellettuale Dissidente - 23 maggio 2018)

I nostri luoghi sono ricchi di tradizioni millenarie e storie non meno accattivanti di quelle nordiche. Per questo è giunto il momento di riscoprire la fantasia eroica mediterranea: un modo per tornare a raccontare i miti, le religioni, il folclore, gli usi e i costumi dei territori bagnati dal Mare Nostrum

Negli ultimi anni stiamo assistendo a un fenomeno piuttosto curioso nell’ambito della letteratura fantasy. Se da un lato possiamo riscontrare un successo travolgente dell’urban fantasy, del paranormal romance e dello young adult, dall’altro emerge un crescente interesse per lo sword and sorcery. Al riguardo, risulta paradigmatica la recente pubblicazione di pietre miliari come Conan il barbaro di Robert E. Howard (2016) e Atlantide e i mondi perduti di Clark Ashton Smith (2017), entrambe a cura di Giuseppe Lippi ed edite da Mondadori. Il che ovviamente costituisce un buon segnale per l’heroic fantasy, anche se non sufficiente a far decollare il genere. Eppure vi è stato un periodo storico (gli anni ’80 del secolo scorso) in cui il grande pubblico amava leggere storie di spada e stregoneria, e bramava reperirne sempre più titoli. Erano i tempi gloriosi dell’Editrice Nord e della Fanucci, quando le librerie erano gremite di volumi di Fritz Leiber, Michael Moorcock, Karl E. Wagner, Tanith Lee, Jack Vance, Poul Anderson, C.L. Moore, Roger Zelazny, L. Sprague de Camp e Lin Carter.
Questi scrittori erano guardati come modelli dai più e, in Italia, un piccolo ma ben agguerrito gruppo di persone volenterose intraprendeva lo stesso cammino dei colleghi d’Oltreoceano creando l’Italian SAGA. Si trattava di un movimento volto alla divulgazione dello sword and sorcery, nato nel 1979 con la pubblicazione da parte di Fanucci di Heroic Fantasy, ovvero un’antologia di racconti di fantasia eroica curata da Gianfranco de Turris e da Sebastiano Fusco in cui, accanto agli autori americani più famosi, apparivano le storie di Adalberto Cersosimo, Luigi de Pascalis, Massimo Pandolfi e Gianluigi Zuddas. A essa ne sono seguite altre che hanno visto la partecipazione tra gli scrittori di Franco Forte, Donato Altomare, Mariangela Cerrino, Enzo Conti, Adalberto Cersosimo, Tullio Bologna, Adolfo Morganti e tra i saggisti di Giuseppe Lippi, Domenico Cammarota e Alex Voglino. A dispetto di quanto si possa pensare, gli autori italiani, pur seguendo il filone della sword and sorcery, non si sono limitati a essere meri epigoni del maestro di Cross Plains, ma hanno interpretato questo genere di speculative fiction con originalità e con una sensibilità tipicamente europea, ricevendo anche i complimenti dei critici anglosassoni. Per contro nel nostro Paese, sia per esterofilia che per ignoranza, i lettori hanno sempre esecrato le opere scritte dai nostri connazionali, tanto che, paradossalmente, taluni di essi sono stati costretti ad adottare uno pseudonimo per poter ottenere la pubblicazione delle loro opere. Oggi, la situazione pare essere migliorata, anche se questa tipologia di pregiudizi è difficile da estirpare.
A ogni buon conto, bisogna ammettere che recentemente qualche romanzo di sword and sorcery, scritto da italiani, è stato pubblicato. Vengono in mente La legione occulta dell’impero romano di Roberto Genovesi (Newton Compton, 2010), Demon Hunter Severiandi Luca Tarenzi (Acheron Books, 2014), Eternal War di Livio Gambarini (Acheron Books, 2015), Dal bronzo e dalla tenebra di Andrea Atzori (Acheron Books, 2016), Cesare il conquistatore di Franco Forte (Mondadori, 2017), Alasia di Max Gobbo (Watson, 2017), Arabrab di Anubi di Alessandro Forlani (Watson, 2017), Pirro il distruttore di Angelo Berti (Italian Sword&Sorcery Books, 2018) e l’antologia Mediterranea (Italian Sword&Sorcery Books, 2018). A coloro che hanno letto i volumi di cui sopra balza alla mente il fatto che tutti questi libri, per quanto differenti uno dall’altro, hanno un minimo comune denominatore: il Mediterraneo. Gli autori, infatti, hanno scelto di inserire nelle loro vicende i miti, le religioni, il folclore, gli usi e i costumi relativi ai territori bagnati dal Mare Nostrum. Ciò ovviamente può venire osservato con disprezzo dagli idolatri dei romanzi celtici o di ambientazione norrena, ma costoro dimenticano che anche i nostri luoghi sono pregni di tradizioni millenarie, non meno accattivanti di quelle nordiche, che aspettano solo essere narrate (o rivisitate) da qualche buon scrittore.
Analizzando con attenzione tutte queste opere, è possibile avanzare l’ipotesi dell’esistenza di una fantasia eroica mediterranea. Con tale sintagma ci si riferisce a quel peculiare settore di narrativa dell’immaginario in cui i protagonisti sono ben lontani dall’essere cavalieri senza macchia e senza paura, ma si ha a che fare con mercenari, guerrieri, assassini, ladri, imbonitori, infidi diplomatici, cialtroni, negromanti e reietti, il cui obiettivo è quello di realizzare il maggior profitto per se stessi, oppure di salvare la pelle. Vi sono numerosi combattimenti all’arma bianca e battaglie campali in cui a prevalere non è sempre il più forte, ma il più furbo, dato che i personaggi non sono necessariamente gli eroi nerboruti di matrice howardiana, ma ricordano spesso l’Ulisse omerico. Le vicende possono essere ambientate in un periodo antico, medievale, oppure in un mondo secondario che comunque richiami il Mediterraneo, dove la tecnologia e la scienza sono limitate. È interessante osservare che il setting utilizzato da tutti gli autori dianzi citati risulta essere proprio quello storico, a differenza di quanto avviene per i loro colleghi anglosassoni che prediligono i pianeti immaginari. Penso che questa scelta non sia casuale, ma sia dovuta all’attrazione che, ancora dopo secoli, continua a suscitare nell’uomo il Mare Nostrum.
Tra la narrativa di avventura e quella in discussione lo iato è costituito dalla presenza dell’orrore soprannaturale, inteso come elemento idoneo a inserire nell’intreccio circostanze non spiegabili attraverso le regole della fisica e a favorire nel lettore stati d’animo di terrore o di repulsione. Peraltro, qui domina la stregoneria che deve essere considerata dal quisque de populo come una pratica nefanda da cui rifuggire, affidata a pochissimi maghi versati in ancestrali e dimenticati rituali. In altri termini, anche se non sempre risulta essere il villain, difficilmente l’incantatore è spinto da nobili ideali e di norma agisce per mutare l’ordine costituito dell’universo in suo favore, come prescrive ogni buon manuale di esoterismo. Talvolta si palesa anche l’orrore cosmico di matrice lovecraftiana che abbiamo imparato a conoscere nel Ciclo di Cthulhu. Pertanto ci troviamo dinanzi a creature repellenti e gargantuesche che provengono da altri mondi e che hanno colonizzato la Terra eoni or sono, ma che al momento giacciono in uno stato simile al letargo. Questi esseri sono oggetto di culti blasfemi da parte degli uomini e coloro che li avvicinano muoiono o perdono la sanità mentale. Non mancano nemmeno mostri o animali immaginari fuoriusciti dalle leggende, dalle tradizioni folcloristiche o dai bestiari medievali di cui ci hanno parlato con dovizia di particolari Jorge Luis Borges, Jurgis Baltrušaitis e Franco Cardini.
Un altro fattore che assume importanza è l’erotismo, anche se non trascende mai i limiti della decenza e non arriva alle trivialità di certi romanzi di terz’ordine che possiamo ammirare in bella mostra sugli scaffali delle librerie o dei distributori online virtuali. Per quanto attiene alle fonti, è bene ricordare che la fantasia eroica mediterranea ha radici profonde che si perdono nella notte dei tempi e vanta degli antenati illustri. Non dimentichiamo che essa è l’erede moderna dell’epopea, della saga, del romanzo cavalleresco e della fiaba. Le opere primigenie da cui trae ispirazione sono l’Epopea di Gilgameš, l’Odissea di Omero, l’Eneide di Virgilio, il Morgante di Luigi Pulci, l’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo, l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso e Le Mille e Una Notte.
Sul versante della narrativa contemporanea straniera, alcuni autori anglosassoni si sono cimentati in questo genere. Tra essi possiamo citare L’impero dell’oscuro (The Reign of Wizardry, 1940) di Jack Williamson, L’anello del tritone (The Tritonian Ring, 1951) di L. Sprague de Camp, La Fenice e lo specchio (The Phoenix and the Mirror, 1969) di Avram Davidson, Il ciclo del soldato Latro di Gene Wolfe, La torcia (The Firebrand, 1987) di Marion Zimmer Bradley e La saga di Parmenion di David Gemmell. A ben vedere, anche se in maniera circospetta e indolente, pare che i lettori italiani e gli addetti ai lavori stiano cominciando a guardarsi attorno per cercare un’alternativa all’imbarazzante banalità e alla brutale aridità culturale che affligge il fantasy odierno. Una nuova era è alle porte: quella della fantasia eroica mediterranea.

© L'INTELLETTUALE DISSIDENTE

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