Gerusalemme
Liberata (III, 21), 1983
Gerusalemme
Liberata (III, 12), 1983
Oltre
il Fantasy Moderno
di
Francesco La Manno (da L'Intellettuale
Dissidente - 23 maggio 2018)
I
nostri luoghi sono ricchi di tradizioni millenarie e storie non meno
accattivanti di quelle nordiche. Per questo è giunto il momento di
riscoprire la fantasia eroica mediterranea: un modo per tornare a
raccontare i miti, le religioni, il folclore, gli usi e i costumi dei
territori bagnati dal Mare Nostrum
Negli
ultimi anni stiamo assistendo a un fenomeno piuttosto curioso
nell’ambito della letteratura fantasy. Se da un lato
possiamo riscontrare un successo travolgente dell’urban fantasy,
del paranormal romance e dello young adult, dall’altro
emerge un crescente interesse per lo sword and sorcery. Al
riguardo, risulta paradigmatica la recente pubblicazione di pietre
miliari come Conan il barbaro di Robert
E. Howard (2016) e Atlantide e i mondi perduti di
Clark Ashton Smith (2017), entrambe a cura di Giuseppe Lippi ed edite
da Mondadori. Il che ovviamente costituisce un buon segnale per
l’heroic fantasy, anche se non sufficiente a far decollare
il genere. Eppure vi è stato un periodo storico (gli anni ’80 del
secolo scorso) in cui il grande pubblico amava leggere storie di
spada e stregoneria, e bramava reperirne sempre più titoli. Erano i
tempi gloriosi dell’Editrice Nord e della Fanucci,
quando le librerie erano gremite di volumi di Fritz Leiber, Michael
Moorcock, Karl E. Wagner, Tanith Lee, Jack Vance, Poul Anderson, C.L.
Moore, Roger Zelazny, L. Sprague de Camp e Lin Carter.
Questi
scrittori erano guardati come modelli dai più e, in Italia, un
piccolo ma ben agguerrito gruppo di persone volenterose intraprendeva
lo stesso cammino dei colleghi d’Oltreoceano creando l’Italian
SAGA. Si trattava di un movimento volto alla divulgazione dello
sword and sorcery, nato nel 1979 con la pubblicazione da parte
di Fanucci di Heroic Fantasy, ovvero un’antologia di
racconti di fantasia eroica curata da Gianfranco de Turris e
da Sebastiano Fusco in cui, accanto agli autori americani più
famosi, apparivano le storie di Adalberto Cersosimo, Luigi de
Pascalis, Massimo Pandolfi e Gianluigi Zuddas. A essa ne sono seguite
altre che hanno visto la partecipazione tra gli scrittori di Franco
Forte, Donato Altomare, Mariangela Cerrino, Enzo Conti, Adalberto
Cersosimo, Tullio Bologna, Adolfo Morganti e tra i saggisti di
Giuseppe Lippi, Domenico Cammarota e Alex Voglino. A dispetto di
quanto si possa pensare, gli autori italiani, pur seguendo il filone
della sword and sorcery, non si sono limitati a essere meri
epigoni del maestro di Cross Plains, ma hanno interpretato
questo genere di speculative fiction con originalità e con una
sensibilità tipicamente europea, ricevendo anche i complimenti dei
critici anglosassoni. Per contro nel nostro Paese, sia per
esterofilia che per ignoranza, i lettori hanno sempre esecrato le
opere scritte dai nostri connazionali, tanto che, paradossalmente,
taluni di essi sono stati costretti ad adottare uno pseudonimo per
poter ottenere la pubblicazione delle loro opere. Oggi, la situazione
pare essere migliorata, anche se questa tipologia di pregiudizi è
difficile da estirpare.
A
ogni buon conto, bisogna ammettere che recentemente qualche romanzo
di sword and sorcery, scritto da italiani, è stato
pubblicato. Vengono in mente La legione occulta dell’impero
romano di Roberto Genovesi (Newton Compton, 2010), Demon
Hunter Severiandi Luca Tarenzi (Acheron Books, 2014), Eternal War
di Livio Gambarini (Acheron Books, 2015), Dal bronzo e dalla
tenebra di Andrea Atzori (Acheron Books, 2016), Cesare il
conquistatore di Franco Forte (Mondadori, 2017), Alasia di
Max Gobbo (Watson, 2017), Arabrab di Anubi di Alessandro
Forlani (Watson, 2017), Pirro il distruttore di Angelo Berti
(Italian Sword&Sorcery Books, 2018) e l’antologia Mediterranea
(Italian Sword&Sorcery Books, 2018). A coloro che hanno letto i
volumi di cui sopra balza alla mente il fatto che tutti questi libri,
per quanto differenti uno dall’altro, hanno un minimo comune
denominatore: il Mediterraneo. Gli autori, infatti, hanno
scelto di inserire nelle loro vicende i miti, le religioni, il
folclore, gli usi e i costumi relativi ai territori bagnati dal Mare
Nostrum. Ciò ovviamente può venire osservato con disprezzo
dagli idolatri dei romanzi celtici o di ambientazione norrena, ma
costoro dimenticano che anche i nostri luoghi sono pregni di
tradizioni millenarie, non meno accattivanti di quelle nordiche, che
aspettano solo essere narrate (o rivisitate) da qualche buon
scrittore.
Analizzando
con attenzione tutte queste opere, è possibile avanzare l’ipotesi
dell’esistenza di una fantasia eroica mediterranea. Con tale
sintagma ci si riferisce a quel peculiare settore di narrativa
dell’immaginario in cui i protagonisti sono ben lontani dall’essere
cavalieri senza macchia e senza paura, ma si ha a che fare con
mercenari, guerrieri, assassini, ladri, imbonitori, infidi
diplomatici, cialtroni, negromanti e reietti, il cui obiettivo è
quello di realizzare il maggior profitto per se stessi, oppure di
salvare la pelle. Vi sono numerosi combattimenti all’arma bianca e
battaglie campali in cui a prevalere non è sempre il più forte, ma
il più furbo, dato che i personaggi non sono necessariamente gli
eroi nerboruti di matrice howardiana, ma ricordano spesso
l’Ulisse omerico. Le vicende possono essere ambientate in un
periodo antico, medievale, oppure in un mondo secondario che comunque
richiami il Mediterraneo, dove la tecnologia e la scienza sono
limitate. È interessante osservare che il setting utilizzato
da tutti gli autori dianzi citati risulta essere proprio quello
storico, a differenza di quanto avviene per i loro colleghi
anglosassoni che prediligono i pianeti immaginari. Penso che questa
scelta non sia casuale, ma sia dovuta all’attrazione che, ancora
dopo secoli, continua a suscitare nell’uomo il Mare Nostrum.
Tra
la narrativa di avventura e quella in discussione lo iato è
costituito dalla presenza dell’orrore soprannaturale, inteso come
elemento idoneo a inserire nell’intreccio circostanze non
spiegabili attraverso le regole della fisica e a favorire nel lettore
stati d’animo di terrore o di repulsione. Peraltro, qui domina la
stregoneria che deve essere considerata dal quisque de populo
come una pratica nefanda da cui rifuggire, affidata a pochissimi
maghi versati in ancestrali e dimenticati rituali. In altri termini,
anche se non sempre risulta essere il villain, difficilmente
l’incantatore è spinto da nobili ideali e di norma agisce per
mutare l’ordine costituito dell’universo in suo favore, come
prescrive ogni buon manuale di esoterismo. Talvolta si palesa anche
l’orrore cosmico di matrice lovecraftiana
che abbiamo imparato a conoscere nel Ciclo di Cthulhu. Pertanto ci
troviamo dinanzi a creature repellenti e gargantuesche che provengono
da altri mondi e che hanno colonizzato la Terra eoni or sono, ma che
al momento giacciono in uno stato simile al letargo. Questi esseri
sono oggetto di culti blasfemi da parte degli uomini e coloro che li
avvicinano muoiono o perdono la sanità mentale. Non mancano nemmeno
mostri o animali immaginari fuoriusciti dalle leggende, dalle
tradizioni folcloristiche o dai bestiari medievali di cui ci hanno
parlato con dovizia di particolari Jorge Luis Borges, Jurgis
Baltrušaitis e Franco Cardini.
Un
altro fattore che assume importanza è l’erotismo, anche se
non trascende mai i limiti della decenza e non arriva alle trivialità
di certi romanzi di terz’ordine che possiamo ammirare in bella
mostra sugli scaffali delle librerie o dei distributori online
virtuali. Per quanto attiene alle fonti, è bene ricordare che la
fantasia eroica mediterranea ha radici profonde che si perdono nella
notte dei tempi e vanta degli antenati illustri. Non dimentichiamo
che essa è l’erede moderna dell’epopea, della saga, del
romanzo cavalleresco e della fiaba. Le opere primigenie da cui
trae ispirazione sono l’Epopea di Gilgameš, l’Odissea
di Omero, l’Eneide di Virgilio, il Morgante di Luigi
Pulci, l’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo,
l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, la Gerusalemme
Liberata di Torquato Tasso e Le Mille e Una Notte.
Sul
versante della narrativa contemporanea straniera, alcuni autori
anglosassoni si sono cimentati in questo genere. Tra essi possiamo
citare L’impero dell’oscuro (The Reign of Wizardry,
1940) di Jack Williamson, L’anello del tritone (The
Tritonian Ring, 1951) di L. Sprague de Camp, La Fenice e lo
specchio (The Phoenix and the Mirror, 1969) di Avram
Davidson, Il ciclo del soldato Latro di Gene Wolfe, La
torcia (The Firebrand, 1987) di Marion Zimmer Bradley e La
saga di Parmenion di David Gemmell. A ben vedere, anche se in
maniera circospetta e indolente, pare che i lettori italiani e gli
addetti ai lavori stiano cominciando a guardarsi attorno per cercare
un’alternativa all’imbarazzante banalità e alla brutale aridità
culturale che affligge il fantasy odierno. Una nuova era è alle
porte: quella della fantasia eroica mediterranea.
©
L'INTELLETTUALE DISSIDENTE
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