mercoledì 3 aprile 2019

Jekyll & Hyde, il Doppio o Niente?

di Domenico D'Amico

Un altro scoppiettante exploit (mio e del Dottore), stavolta dedicato allo Strano Caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson (dopo i video, qualche mia osservazione periferica).

“Appartenga al dottor Jekyll o appartenga al signor Hyde, quella voce invoca Dio perché la tremenda curiosità, il bieco moralismo, l'infame intransigenza dell'avvocato Utterson e della gente della sua risma si arrestino. Ma l'avvocato Utterson non rispetta neppure Dio, va avanti sino alla catastrofe.
Ovviamente, sino alla catastrofe altrui, non sino alla propria. Di andare avanti sino alla catastrofe propria non capita mai agli avvocati Utterson di ieri e di oggi. Capita, al massimo, di sentirsi sempre più confusi nella soluzione delle catastrofi altrui. Di nuovo non hanno capito nulla, nulla di quello che hanno capito sia l'infelice dottor Jekyll, sia il non meno infelice signor Hyde. Dobbiamo cercare di non fare lo stesso noi, di leggere bene questo messaggio che Stevenson ci invia da un'epoca di repressione quale quella vittoriana. Ovvero dobbiamo cercare di considerare più la sostanza che l'episodio dell'avventura. La sostanza che coinvolge, insieme con la straziante favola del dottor Jekyll e del signor Hyde, l'orripilante vicenda comune dell'avvocato Utterson, e implica che l'essenziale non è di non comportarci come il dottor Jekyll e il signor Hyde, l’essenziale è di non comportarci come l'avvocato Utterson, il confuso, ma non domo nemico della diversità, il creatore più che il fiutatore di scandali.”

(dall'introduzione di Oreste del Buono a Lo Strano Caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, Rizzoli 1952, corsivo mio).

Ah, bei tempi, quando fustigare borghesi e benpensanti faceva tanto fino! Verrebbe quasi da dedurre che i difettucci della cultura vittoriana non derivassero dal fatto di essere l'autorappresentazione di uno degli imperi più sanguinosi della Storia, ma, per così dire, fossero una faccenda di costume: se l'alta società britannica fosse stata un po' più viveur e sibaritica, quasi quasi ce la faremmo piacere... Il Lord Henry di Dorian Gray è un mito, Utterson una cacca.
E la cosa divertente è che il racconto è letteralmente costellato di osservazioni relative alle differenze di classe:
“Girato l’angolo della strada, si apriva una piazza di belle, vecchie dimore, adesso per la maggior parte decadute dall’antico splendore e affittate a camere e appartamenti a individui di ogni sorta e condizione: disegnatori, architetti, oscuri avvocati e agenti di imprese dalla dubbia attività.”

“Quando essi furono tanto vicini da potersi parlare (e cioè proprio sotto gli occhi della ragazza), il più anziano dei due si inchinò e si avvicinò all’altro con modi di grande gentilezza. Non sembrava che il motivo per cui gli si era rivolto fosse di grande importanza; in realtà, dai suoi gesti, pareva che stesse semplicemente chiedendo un’indicazione; ma la luna gli illuminava il viso mentre parlava, e alla ragazza piaceva guardarlo perché emanava da quel viso una gentilezza d’animo candida e di vecchio stampo, e nello stesso tempo con qualcosa di nobile, come una persona giustamente conscia e soddisfatta di sé.”

“Il lugubre quartiere di Soho visto sotto questi mutevoli barlumi, con le sue strade fangose, i suoi sudici passanti e i suoi lampioni che non erano mai stati spenti o erano stati appena riaccesi per combattere quel luttuoso ritorno dell’oscurità, sembrò agli occhi di Utterson un ammasso di case di una città d’incubo. (…) Quando la vettura arrivò all’indirizzo indicato, la nebbia diradò un poco e rivelò a Utterson una strada sporca, una mescita di gin, una trattoria francese d’infimo ordine, una rivendita di giornali e di erbaggi da pochi soldi, molti bambini laceri accalcati sulle soglie delle porte, e molte donne di differenti nazionalità che passavano con la chiave in mano per andarsi a bere il bicchiere del mattino; un momento dopo la nebbia scese di nuovo, scura come un’ombra, isolandolo da quegli equivoci dintorni. Questa era la casa del beniamino di Henry Jekyll; di un uomo erede di un quarto di milione di sterline.”

“«Sì, sono io», disse Poole. «Aprite la porta».Entrarono; l’ingresso era vivamente illuminato e c’era un gran fuoco; e presso il caminetto, raggruppati come un branco di pecore, stavano tutti i servitori della casa, uomini e donne. Alla vista di Utterson la cameriera proruppe in un pianto isterico, e la cuoca gridò:«Dio sia benedetto, è Mr Utterson», e gli corse incontro come se volesse abbracciarlo.«Che c’è? Che c’è? Perché siete tutti qui?», disse l’avvocato con stizza; «tutto ciò è assolutamente sciocco e sconveniente; il vostro padrone non ne sarebbe affatto contento».”

Inoltre, l'impulso che spinge Utterson ad aiutare Jekyll, fino al punto di nascondere alla polizia i legami dell'amico con uno spietato assassino, non è solo quello dell'amicizia ma anche quello della solidarietà tra gentiluomini. Ma quest'aspetto, che renderebbe “sovrastrutturale” tutto l'ambaradan della repressione vittoriana, non aveva (e non ha tuttora, per molti post-sinistri) abbastanza glamour sovversivo.
Per cui, appunto, siamo invitati a “cercare di considerare più la sostanza che l'episodio dell'avventura”, così che possiamo far finta che la caduta di Jekyll sia colpa del “creatore di scandali” Utterson e non dello scienziato ipocrita che vuole godersela senza pagare pegno, e soprattutto, sublime!, simpatizzare con uno che calpesta bambine e crepa di mazzate gli anziani (però al chiar di luna)!

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