Guardando
le foto di queste tre artiste russe, mi è venuto da pensare: “Cose
del genere sarebbero impossibili in Occidente...”
Davvero?
E perché mai? Come se una
janqui non potesse dare vita ai sogni!
Il
punto, io credo, è l'immaginario cui attingono queste artiste. Nel
caso delle russe è un sostrato fiabesco (ricordate
Bilibin?) che ancora oggi sonnecchia nell'anima russa, mentre
l'Occidente ha da tempo dimenticato dèi e chimere, ninfe e lupi
primordiali, o li ha omologati a una narrazione sterilizzata (vedi
Clash of the Titans) che evita accuratamente qualsiasi
perturbante. Lo spirito fiabesco è sopravvissuto nel genere horror,
ma anche qui lo sfruttamento delle risorse ha portato al quasi
esaurimento dei giacimenti immaginari (sono eccezioni opere notevoli
come A Quiet Place). Ma il vero problema non è quello di una
creatività inaridita dall'industria, ma uno radicale, epocale. Anche
ai tempi del Surrealismo, l'arte occidentale era già da tempo
diventata una meta-arte, una narrazione in cui l'individuo (e non la
collettività) si guarda allo specchio. E il processo è
irreversibile: le metafore di Calvino, per quanto geniali, non sono
discendenti di quelle di Ariosto, ma una loro (nobile) imitazione.
Insomma, ci siamo capiti, il postmoderno!
Lungi
da noi, tuttavia, cadere nei deliri slavisti sulla Terza Roma che ha
il destino di salvare l'Occidente dalla sua nichilistica mancanza di
valori eccetera eccetera (del resto, anche un
russo può essere surrealista, siamo seri). Epperò, non possiamo
non guardare con malinconia (tanto per fare un esempio)
all'inevitabile oblio che avvolge un Giambattista Basile, confermato
dal fallimento di iniziative come quelle di Matteo Garrone...
E
poi, chi può resistere al fascino inquietante delle rosse?
Alexandra Bochkareva:
Katerina Plotnikova:
Alexandra Bochkareva:
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