martedì 11 aprile 2023

Iolanta, ovvero Čaikovskij nel paese dei ciechi

La principessa Iolanta è cieca, ma non sa di esserlo.
Il re suo padre, per motivi politici, nasconde al mondo la condizione della figlia, e l'ha relegata in una specie di Eden recintato, un castello perduto tra i boschi, dove la fanciulla passa il suo tempo, circondata da uno stuolo di damigelle, tra musica e racconti. Nel suo seguito spicca Martha, classico esempio di njanja (nutrice), anche se non intrigante come quella di Giulietta o (peggio) o quella di Mirra.
Nell'opera di Čaikovskij, Iolanta non è un personaggio “potenziato” dalla cecità (alla Omero o Tiresia), e non manifesta neanche sensi sovrumani (alla Zatoichi o Daredevil). Appartiene piuttosto alla categoria delle fanciulle cieche angelicamente gentili e di buon cuore, come la fioraia di Luci della Città o la Alicia (nei Fantastici Quattro disegnati dal grandissimo Jack Kirby) che, lei sola, può “vedere” la bontà interiore del povero Ben Grimm, trasformato dai raggi cosmici nella grottesca Cosa.
Il cavaliere che “per caso” si introduce nel giardino recintato di Iolanta non si accorge, all'inizio, che la principessa è cieca, e utilizza tutta una serie di metafore visive (evidentemente proibite tra le damigelle del seguito) [traduzione dal libretto di Bernardo Paoli]:

Mi siete apparsa come una visione
di bellezza pura e celestiale,
come l'immagine di un sogno incantatore.
(…)
Ma vedo, voi non siete una visione...

Giustamente, Iolanta non capisce, ma avverte qualcosa di seducente nelle parole di lui (un po' come l'Elena di Goethe quando Faust le mostra l'inedita, per lei, bellezza della rima):

Parli in modo incomprensibile...
Non so... ma le tue parole mi suonano strane
e piacevoli, fanno girare la testa...

Quando il cavaliere si rende conto della situazione, si lascia andare a un'escandescenza di quello che oggi chiamerebbero ableism: non ti rendi conto di quello che perdi? E Iolanta, pur non essendo, ripetiamo, un Tiresia, trova comunque da ridire:

Si può forse vedere il fruscio
di un uccellino in un cespuglio di rose,
o il dolce mormorio
di un torrente impetuoso sulla sabbia?
Si può forse vedere il rombo del tuono,
o i trilli dell'usignolo,
o il profumo di un fiore,
la tua voce, le tue parole?

Bisogna riconoscere al cavaliere una certa profondità di sentimenti. Egli è subito pronto ad accettare la situazione, e ad amare Iolanta com'è che sia, cieca o non cieca (basta che sia, aggiungiamo noi, una gnocca siderale).
Ma il lieto fine incombe, dittatoriale. Il medicus musulmano ingaggiato dal re padre si dichiara pronto a ridare la vista alla principessa, purché lei lo voglia. La questione è tutt'altro che scontata: come si fa a desiderare qualcosa che non si può nemmeno concepire?
A tal riguardo basta rileggere il sublime racconto di H. G. Wells Nel Paese dei Ciechi (rielaborato nel serial See con Jason Momoa).
Il re va per le spicce, e minaccia di condannare a morte il cavaliere di cui la figlia (ormai si è capito) si è perdutamente innamorata. Iolanta accetta di sottoporsi alla cura del medicus (che avviene fuori scena, ma si suggerisce sia piuttosto estrema, probabilmente una terapia d'urto comportamentale).
La cura ha successo, anche se Iolanta deve adattarsi a un iniziale overload sensoriale, e tutto finisce a tarallucci e gasolio.
Quanto all'opera in sé, non ha nulla da invidiare all'Onegin o alla Dama di Picche. I dubbi dell'autore e i motivi per cui Iolanta sia stata “riscoperta” relativamente da poco, sono argomento per storici e filologi.
La musica che introduce la prima aria (l'arioso di Iolanta) è tra le più intense e struggenti che abbia mai udito, mentre, tanto per dire, il discorso del medicus merita di stare nel novero delle più grandi arie d'opera tout court.
Iolanta, insieme a capolavori come la Turandot di Puccini, il Boris Godunov di Musorgskij e il Mefistofele di Boito, tratteggiava un possibile profilo dell'opera nel XX Secolo. Le cose sono andate altrimenti.
Il mio disegno, forse, si prende qualche libertà di troppo. Ma in fondo i suonatori che periodicamente la intrattengono, lei non li ha mai visti, e mi sento autorizzato a pescarli da Bosch o da qualche tomo medievale.
Quanto agli occhi con le ali, voi che avete gli intelletti sani...
Considerazione finale: a fronte di Čaikovskij (e non solo di lui) mi considero un pidocchio (dostoevskianamente parlando), ma rispetto ai pidocchi (non dostoevskianamente parlando) che vorrebbero espungerlo dal repertorio mi sento un titano.
Dixi.

1 commento: