sabato 23 giugno 2018

Chi è Henry Adrian?

di Domenico D'Amico


Ho trovato un vecchio, ingiallito A4 dattiloscritto, senza data (ma probabilmente risale ai primi anni 80), senza annotazioni. Il testo:

Da "Particulars" di Henry Adrian (traduzione di Domenico D'Amico)

I.
Un foglio sul tavolo con un orlo d'ombra intorno. Sembra che le venature (false) del tavolo abbiano conquistato rilievo: ora l'ombra del foglio si frange sfumando su di loro. C'è un po' di vento. Un angolo del foglio bianco si solleva di poco. La distanza che separa il foglio dal tavolo diminuisce, se andiamo dall'angolo in giù, e si annulla. Da vicino il foglio bianco è un muro (sottile ma molto ampio) intonacato con mille fessure e pagliuzze. Oppure il foglio fa parte del tavolo, è una pittura bianca così sottile che in realtà sembra più in basso del tavolo stesso. Ma il foglio sotto le dita calde e umide si ondula, diventa una pista di skate-board. Valli e collinette di cemento bianco. Qualche pelo e qualche briciola dominano i loro vasti territori. Ma un pizzico di zucchero basta per fare un'invasione, e presto briciole e peli sono travolti.

II.La carne in scatola è pressata. C'è un sottile strato di gelatina intorno al blocco compatto. A volte anche dentro si può trovare una bolla irregolare della stessa materia. La consistenza della carne è irregolare, ma piuttosto fibrosa; tra la carne in poltiglia galleggiano piccoli fasci di cordame muscoloso, piuttosto insapore, ma consistente in bocca. Per il resto, è terribilmente salata. Bisognerebbe mettersi in bocca prima un pugnetto di insalata senza condimento e poi il pezzo di carne. Con tutto ciò, non puoi sopportare fino in fondo un'intera scatoletta.

Ora, io non ho la più pallida idea di chi sia questo Henry Adrian (una ricerca in Rete non ho sortito risultati). È possibile che me lo sia inventato, e lo testimonierebbe l'uso ingenuo di un false friend come particulars al posto dell'ovvio details. Ma chi lo sa, ecco che l'impalpabile fantasma di un'idea perduta nel tempo, una forma mentale che è stata nostra, il frutto di un percorso che era un tutt'uno con noi, con quello che eravamo, riemerge inatteso, non invitato, e il suo volto ci è ignoto, abbiamo viaggiato, mangiato e dormito con lui, eppure oggi è solo un estraneo alla nostra porta.

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