sabato 14 dicembre 2019

La Fille du Régiment, o la Guerra dei Bambini

La Fille du Régiment - Il faut Partir (fine Atto I) - Natalie Dessay
Credo che l'opéra-comique (come l'operetta o l'opera buffa) stia all'opera “seria” come un bambino alle soglie dell'adolescenza rispetto a un adulto.
Il bambino vive le asprezze della vita con infinito dolore, ma allo stesso tempo può prendere a gioco le parti più orribili dell'esistenza, come la guerra, la morte e il desiderio.
Un adulto, d'altra parte, non può “giocare alla guerra” (come fanno i personaggi della Fille du Regiment), perché l'adulto conosce l'orrore della distruzione e della strage, e per lui sarebbe come giocare alle bambole con dei cadaveri. So di esagerare, ma è per questo che non amo la commedia bellica in stile Operazione Sottoveste.
Dunque, la commedia all'operetta, la tragedia all'opera.
Eppure, come si può constatare da quest'aria dall'opera di Donizetti, è proprio il candore del contesto narrativo che permette (anche) la manifestazione di uno struggimento tanto più doloroso quanto più innocente.
È la medesima innocenza che traspare dal ricorrente appello rivolto ai “mes amis”, sia quello di Tonio nei riguardi dei suoi nuovi commilitoni, sia quello di Marie nel ritrovare, dopo il travaglio dell'esperienza aristocratica, i suoi amati padri adottivi. Si tratta dell'intatta, sublime comunanza tra ragazzi, che giocano alla guerra con feroce e leggiadra serietà.
È la luminosissima e fuggente amicizia cantata nell'Aquilone di Pascoli, sudata su un cuscino su cui si incontrano i capelli d'oro dell'infanzia e l'ombra della morte.


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