venerdì 26 aprile 2024

Le membra amputate dei bambini

 di Caitlin Johnstone
(traduzione di Domenico D'Amico)


“Ridatemi le mie gambe,” strillava in arabo la bambina. “Ridatemi le mie gambe!”

Non le puoi riavere le tue gambe, ragazzina.
Se l'è divorate una macchina ingorda che ne ha bisogno come combustibile per il suo motore.
La macchina ha bisogno delle tue gambe per continuare a spargere bombe dal cielo,
per mantenere in volo i suoi automi di morte.
Le tue gambe alimentano i bulldozer che scavano le fosse comuni e i carri che sventrano gli ospedali.
Un regno glorioso si sostiene sugli arti amputati dei bambini.
E sugli arti amputati dei bambini si costruisce un castello pentagonale.
Sugli arti amputati dei bambini banchettano i licantropi di Wall Street e i gli scagnozzi di banca.
Cogli arti amputati dei bambini si addensano le creme che spianano le rughe dei divi di Hollywood.
Sono gli arti amputati dei bambini a tener su il ghigno delle famiglie suburbane.
Ed è negli occhi del mezzobusto mentitore che si puoi scorgere gli arti amputati dei bambini.

E la ragazzina piange e grida,
e il giornalista fa lo gnorri,
e l'uomo sul podio elettorale le sogghigna sprezzante,
e lo scagnozzo bancario la addenta,
e così procede la macchina,
e i forconi nutrono la sua fornace cogli arti mozzati,
e sfarinano case e oscurano il cielo,
avvelenando gli oceani e insanguinando le terra,
mentre l'aria risuona delle urla dei piccoli,
che invocano membra perdute per sempre,
e case perdute per sempre,
e madri perdute per sempre,
per un'infanzia perduta per sempre,
per uno splendore perduto per sempre,
per un'innocenza perduta per sempre,
per sogni perduti per sempre,
e una gioia per sempre perduta.

Ed eccoci qua, a divorare polpettoni formaggiosi
e a visionare buffi cachinni,
tra ciarle e pettegolezzi,
cercando di far bella figura,
sforzandoci di non pensare
a quelle piccole braccia,
a quelle piccole gambe
sparse sulla terra,
ogni volta che facciamo un passo
là fuori.


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