giovedì 5 aprile 2018

Prometeo – Prima Parte - Il Titano che Amava i Mortali

di Domenico D'Amico

Promethea, 1998

Ho già parlato di tecnica del puntino e del tratteggio incrociato, e di come, grosso modo tra XX e XXI Secolo, mi sia dedicato al secondo, pur non abbandonando totalmente il primo (lo confesso, usare frasi quali “tra il XX e il XXI Secolo suonavo il piano sulle navi da crociera” mi fa sentire molto vampiro). Perché una scelta “pura” non c'è (ad esempio, in un disegno col puntino, un'area molto scura può usufruire di una buona dose di tratteggio e/o scarabocchio). Una delle ragioni (assolutamente non l'unica) di quel cambiamento era la stanchezza, anche fisica. Il puntino fa un bell'effetto, ma richiede molto lavoro, e senza un atteggiamento, diciamo così, zen, ti può stroncare. Il tratteggio dà maggior respiro, e richiede una disciplina più fisica che mentale.
Ma tutto questo è solo illusione, gli opposti coincidono, e, in fondo cos'è un puntino, se non un tratto estremamente corto?

Promethea, Particolare
In questo blog i disegni che presento oscillano tra le due pratiche perché nel farlo non procedo cronologicamente; questo Promethea, tuttavia, è stato tra i primissimi, se non il primo in assoluto, in cui il tratteggio è stato applicato appieno.
La figura centrale, ovviamente, è una rappresentazione femminile dell'icona di Prometeo, di qui Promethea (con l'h, tanto per conferirle un alone maggiormente “ellenico”). Casomai servisse, chiarisco che non c'è il minimo collegamento col fumetto omonimo di Alan Moore.

Prometeo, il titano amico dei mortali

Il mito di Prometeo è variegato, con fabulae che si sovrappongono o addirittura contraddicono. Questo però, per quel che riguarda la mitologia classica, è prassi comune. I greci non avevano un canone religioso approvato e vidimato come (in seguito) i monoteisti. Per inciso, non è che le versioni incompatibili siano assenti fra questi ultimi, basta pensare al doppio racconto della creazione nel Genesi o a quel guazzabuglio dei Sinottici.
Tornando a Prometeo, gli si attribuiscono diversi genitori, ma è comunque certo che appartenesse alla stirpe dei Titani, come dire la generazione che precedette quella degli Olimpi. Molto scaltro, ma più che astuto ingegnoso, più che ingegnoso intelligente e previdente (Prometeo=Colui che pre-vede), nella guerra scatenata da alcuni Titani, con l'aggiunta dei Giganti, contro Zeus, si schierò con quest'ultimo. Quello che però caratterizza la sua figura è una predilezione per gli esseri umani davvero unica tra gli dèi greci. Per citare il grande maestro (mio e del dottor Cilli) Bertrand Russell “Gli dèi omerici erano gli dèi di un’aristocrazia conquistatrice, non gli utili dèi della fertilità propri a chi arava la terra”. Il fatto che gli dèi omerici fossero dei grandissimi bastardi, del resto, è confermato anche dall'ormai classico Le Nozze di Cadmo e Armonia di Roberto Calasso: violenze, massacri e stupri a man salva, roba che mettitici tu a fare i libri illustrati per bambini sui numinosi greco-romani! Qualcuno, offeso nel pudore, fece anche un'interrogazione parlamentare.

Due episodi in particolare esemplificano l'amore di Prometeo per gli umani. Nel primo, chiamato a fare da arbitro sul modo di spartire tra uomini e dèi i sacrifici animali, acconciò ossa e scarti sotto un bel po' di appetitoso grasso, e il meglio della carne lo camuffò con le frattaglie meno invitanti. Di solito si racconta che Zeus in persona cadesse nella trappola tesa da Prometeo, scegliendo la parte peggiore dell'offerta, e inaugurando così la prassi in uso tra i greci.
Raccontata così, la storia è assurda: Zeus si accorge subito della fregatura, non a caso è uno che ha partorito una dea sapientissima (Atena: ne parliamo più sotto) direttamente dal cranio, ma sta al gioco, salvo subito dopo adirarsi e rivalersi sugli umani, che non c'entrano niente.

Incidentalmente, questo è tipico degli dèi olimpici, scegliersi quasi sempre un bersaglio minuscolo e indifeso e attaccarlo con tutta la loro numinosa potenza (com'è anglosassone, tutto ciò!).

Di solito su queste incongruenze si sorvola, si tratta di miti ancestrali, di archetipi, non di narrazioni realistiche, quindi comportamenti ritualizzati e stilizzati che non possono essere misurati coi parametri del buon senso psicologico dei moderni.
Sarà. Ma non in questo caso.
Esiodo, nella sua Teogonia, descrive una scena molto colorita.
Prometeo ridacchia, gongolando al pensiero del bidone che sta tirando agli olimpi, e Zeus capisce immediatamente di trovarsi davanti a una truffa elaborata, e anche lui ride sardonicamente in faccia a Prometeo. Poi, avvicinatosi al sacrificio, guarda sotto il grasso, vede le ossa, e solo a questo punto si scompone. Il perché è evidente: Zeus non ha fatto una scelta, non esplicitamente, ma nel momento stesso in cui si è avvicinato e ha toccato una delle opzioni, la sua essenza divina ha determinato, quasi per contagio, che la suddivisione orchestrata da Prometeo divenisse, da quel momento in poi, quella legale. Insomma, diritto divino.

Speculiamo: Zeus non ha un particolare interesse per la questione (gli dèi non si nutrono certo delle offerte degli uomini, si cibano di nettare e ambrosia, e dei sacrifici godono soltanto perché ne apprezzano l'odore – de gustibus), perciò quello che lo offende non è beccarsi le ossa invece del controfiletto, ma il fatto stesso che lo si voglia ingannare, trattandolo come un boccalone, lui, il padre degli dèi! Da questo punto di vista la sua rappresaglia contro gli umani non è del tutto immotivata, dato che l'inganno di Prometeo ha senso soltanto se visto come uno stratagemma a favore degli uomini, perché, a differenza degli dèi, agli umani il controfiletto piace, eccome!
Nello speculare, scherziamo. Come in ogni racconto mitico che spiega un uso o un fatto storico, quale il modo tradizionale di gestire i sacrifici, i personaggi fanno quello che fanno perché è così che devono andare le cose.
Ma guarda caso, le contromisure di Zeus non fanno altro che offrire a Prometeo il destro per un'ulteriore macchinazione a favore dei mortali.

Non crediate di passarla liscia

Zeus toglie il fuoco agli umani.
Non per speculare ancora a vanvera, ma che diamine significa? L'utilizzo del fuoco è una tecnologia, è un oggetto culturale: come si fa a farlo sparire? Lobotomizzando il genere umano?

Eh, le cose sono molto più semplici.
In realtà i mortali non posseggono la tecnologia del fuoco, ma ne usufruiscono quando, e solo quando, Zeus si degna di colpire con una folgore un albero (i “frassini” di cui parla Esiodo echeggiano la natura bruta e devoluta degli umani rispetto alle ere precedenti): niente fulmini, niente fuoco.
Ma Prometeo riconsegna il fuoco agli umani, nascondendolo dentro un bastone cavo (una ferula, appunto). Ripensandoci, è come soffiare il naso alle galline: se i mortali non riuscivano a generare e conservare una fiamma, tanto che per averne dovevano aspettare che cadesse un fulmine, cosa cambia se la fonte cambia? Dovranno aspettare che Prometeo li rifornisca, magari a scadenza bimestrale?
È chiaro quello che qui si adombra, cioè la figura di Prometeo come eroe civilizzatore, che non consegna ai mortali un oggetto, ma una tecnica. Quello che, in questo caso, fa andare di nuovo in bestia Zeus è che gli umani, dominando il processo di combustione, non hanno più bisogno del contributo divino. Eritis sicut Deus.
(Questo è un aspetto della figura di Prometeo esplorato nel Prometeo Incatenato di Eschilo, ma di questo, più giù.)

Zeus castiga nuovamente gli esseri umani, mandandogli una donna, un androide di nome Pandora. Sorvoliamo su questa storia, che troppo ci sarebbe da dire, ma non possiamo fare a meno di osservare come il testo di Esiodo (Teogonia, 570 sgg.) ci impone un aut aut ineludibile: o Pandora è la prima donna, capostipite degli umani di genere femminile (o, in alternativa, madre della prima donna mortale [Igino, Miti 142]), e questo vuol dire che, fino a quel momento, i mortali erano stati tutti maschi; oppure Pandora è la progenitrice solo di un tipo particolare di donna, denominabile, per semplificare, femme fatale.
In pratica, le donne sottomesse, ubbidienti, econome, laboriose, caste e rispettose dei mariti appartengono all'umanità originaria, mentre le donne disubbidienti, edoniste, intriganti, promiscue e sciattone sono arrivate più tardi, a guisa di maledizione per i poveri mariti maltrattati.

Le brave ragazze e le cattive ragazze non sono differenti come carattere, ma come specie!

(Prossimamente, parlando di Azazello-Azazel-Asael, accennerò al fatto che in altri miti le donne fanno da tramite tra il divino e l'umano per l'acquisizione di tutte le tecniche e conoscenze che istituiscono la civiltà-bildung)
La famosa e bruttissima fine di Prometeo, incatenato sul Caucaso, con l'avvoltoio che gli divora il fegato di giorno, mentre di notte fa un freddo cane (e il fegato gli ricresce), non è tuttavia permanente, che il Titano ha un asso nella manica, e ha tutte le intenzioni di sfruttare al massimo il proprio potere contrattuale.


(fine Prima Parte) (Seconda Parte)

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