Viste
le precedenti nostre non-autorevoli
trattazioni, era inevitabile, o forse obbligatorio, o forse
fatale, che impattassimo contro la grande roccia del Conte di
Montecristo.
O,
se volete, Monte-Cristo (francese, a parte l'errore delle primissime
edizioni, Monte-Christo), Monte Cristo (inglese, portoghese),
Monte Christo (tedesco), Montecristo (italiano, castigliano)...
Di
Alexandre Dumas. Mi fermo al punto, perché ho trovato sempre
piuttosto ridondante aggiungere a questo nome la specifica “padre”.
Voglio dire che se parliamo di Alexandre Dumas, parliamo di un titano
autore della trilogia dei moschettieri, di Montecristo, della
Regina Margot, di Giuseppe Balsamo, oltre che di una
tonnellata di altre opere (teatrali e non): se invece ci riferiamo
all'autore della Signora delle Camelie, allora sì, scriviamo
Alexandre Dumas figlio, tanto per evitare equivoci.
Una
roccia, dicevamo, e che roccia! La sua forma si può accostare a
quella dell'isola su cui riesce ad approdare Edmond Dantès appena
dopo la sua evasione dal Castello d'If:
Di lì a venti passi si ergeva un cumulo di scogli bizzarri che si sarebbero potuti scambiare per un immenso focolare pietrificatosi nel bel mezzo della più rovente combustione: era l’isola di Tiboulen.
E
difatti, col primo video siamo arrivati a nemmeno metà della sinossi
del romanzo, intrico di getti congelati e interconnessi. Comunque
sia, eccolo di seguito. Più qualche nota marginale.
Non si tratta di cosa di gran rilievo, ma bisogna osservare che Edmond Dantès, ovvero il giovane marinaio diciannovenne che incontriamo all'inizio della storia, è sì una persona piuttosto ignorante riguardo tutto ciò che è estraneo al proprio mestiere (ce ne accorgeremo quando l'abate Faria si dedicherà alla sua educazione), ma non è affatto un ingenuo. Capisce benissimo quanto sia viscido e infido Caderousse, ha avuto già uno scontro con Danglars (che quasi finiva in un duello) e ha capito che il contabile trucca i libri, e quanto a Fernand, solo un cieco non avrebbe capito di trovarsi di fronte a un nemico mortale. Tuttavia, il ragazzo non può immaginare la congiura di cui è vittima, né tanto meno comprendere le motivazioni di Villefort (elemento estraneo alla congiura, che ne diventa parte integrante per fatale sinergia). Come dire, Dantès non si aspettava di essere il personaggio di un feuilleton.
Con
tutto questo intendiamo sottolineare che la metamorfosi che lo farà
diventare Montecristo sarà sì profonda, ma non assoluta. Durante
tutto l'arco della formazione culturale alla scuola dell'abate Faria,
verrà sottolineato come Dantès possegga di già doti notevoli di
memoria, intelligenza e adattabilità. Senza questi requisiti innati,
il marinaio Dantès non si sarebbe mai incarnato nel superuomo
Montecristo.
Curiosamente, invece, è proprio nel romanzo di fantascienza La Tigre della Notte di Alfred Bester (esplicitamente ispirato al romanzo di Dumas) che vediamo una trasformazione integrale ed estrema: Gulliver Foyle, sottoposto a un trauma terribile, da uomo mediocre, ottuso, privo di immaginazione, si trasforma in un'inarrestabile, bestiale, forza vendicatrice.
Secondo post, terzo post, quarto e quinto
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